Dr. Mario Nicolosi Specialista in Ortopedia e Traumatologia Specialista in Fisiatria
Metastasi ossee
Le metastasi ossee meritano un trattamento a parte rispetto alle altre metastasi sia per la loro alta frequenza che per le loro caratteristiche cliniche e le esigenze terapeutiche.
Patogenesi
Le metastasi sono riproduzioni a distanza del tumore originario: da questo tumore alcune cellule si staccano e migrano in una nuova sede ossea. Per potersi insediare devono causare un rimaneggiamento del tessuto osseo. Per fare ciò favoriscono l’intervento degli osteoclasti ( cellule che erodono l’osso) che , non solo distruggono l’osso ma favoriscono anche la crescita tumorale. Non tutte le cellule che si staccano dal tumore primitivo riescono però ad insediarsi e a dare origine a metastasi Le metastasi possono però, una volta insediatesi, assumere delle caratteristiche diverse da quelle del tumore di partenza. Si dividono in osteolitiche ed in osteoaddensanti. Nelle prime è prevalente l’azione destruente dell’osso da parte degli osteoclasti. Nelle seconde prevale l’azione produttrice di osso da parte degli osteoblasti. In entrambi i casi l’osso è più fragile. Nel primo caso perché l’azione distruttrice degli osteoclasti erode l’osso rendendolo più sottile, più a rischio di fratture anche per piccoli traumi, potendo giungere sino alla sua rottura spontanea ( che viene definita “patologica” ). Nel secondo caso perché la nuova formazione di osso da parte degli osteoblasti è attuata in maniera molto disordinata, senza rispettare le linee di forza dell’osso ( attraverso le quali si scaricano le sollecitazioni ), rendendo così l’osso più fragile anche se apparentemente più addensato.
Diffusione
35000 sono i nuovi casi per anno riportati dalla AIOM ( 
		  Associazione Italiana di Oncologia Medica ) in Italia. Questo numero è 
		  destinato ad aumentare se non altro per l’allungamento della vita dei 
		  pazienti oncologici dovuto al miglioramento delle terapie. Più a lungo 
		  vive il paziente e più grande è la probabilità di insorgenza di 
		  metastasi ossee che sono le terze in ordine di frequenza dopo quelle 
		  al polmone e al fegato. I meccanismi attraverso i quali le cellule 
		  tumorali si staccano dal tumore e si riproducano a distanza non sono 
		  ancora del tutto chiari. Possiamo però statisticamente dire quali sono 
		  le caratteristiche che mediamente hanno maggiori probabilità di 
		  produrre metastasi. Alcuni tumori come quelli della mammella, 
		  prostata, rene, polmone e tiroide rappresentano un fattore di rischio 
		  importante per l’insorgenza di metastasi. Altri fattori di rischio 
		  sono dati dalla dimensione del tumore ( tumori grandi che hanno già 
		  raggiunto i linfonodi vicini ) o dal grado elevato di aggressività. 
		  Esistono anche altri fattori che influenzano l’insorgenza come 
		  eventuali ostacoli che le cellule metastatiche trovano nel loro 
		  cammino, dal microambiente che circonda il tumore, dalle condizioni 
		  generali del paziente. 
		  Nelle donne 80% delle metastasi è prodotto dai tumori della mammella e 
		  del polmone. Negli uomini la maggior parte delle metastasi è prodotta 
		  da tumori della prostata e polmone. Anche i tumori dell’utero e della 
		  pelle come i melanomi, possono generare metastasi ossee. 
		  La sede più frequente è la colonna vertebrale ma qualunque osso può 
		  essere attaccato dalle metastasi .
Prevenzione
Non esiste purtroppo, sino ad oggi, la possibilità di evitare che un tumore metastatizzi nelle ossa. Quello che bisogna fare e che può aiutare moltissimo è la diagnosi precoce del tumore primitivo e i controlli continui e puntuali, che soprattutto per quei tumori che metastatizzano più frequentemente come quelli della mammella e della prostata, possono portare ad una diagnosi e ad una cura precoci.
Sintomatologia
I sintomi sono molto subdoli e poco frequenti nel periodo 
		  dell’insorgenza delle metastasi. Solo in un secondo periodo la 
		  sintomatologia diventa eclatante ( dolori, fratture ). Nel 75% dei 
		  casi non esiste sintomatologia dolorosa. Le metastasi vengono scoperte 
		  durante gli approfondimenti strumentali che vengono eseguiti per 
		  studiare la patologia tumorale.
		  Nel 25% circa dei casi esistono gli “ eventi scheletrici correlati “ : 
		  una serie di sintomi e segni che portano a focalizzare l’attenzione 
		  sull’apparato scheletrico. Il dolore osseo è il primo di questi segni: 
		  è un dolore all’inizio saltuario, incostante che però, con l’avanzare 
		  della malattia, peggiora , diventa continuo se non costante, senza 
		  remissione neanche durante il riposo. Coll’avanzare della grandezza di 
		  queste localizzazione secondarie l’osso si indebolisce, diviene più 
		  fragile ed diviene a rischio di fratture. Le più frequenti sono quelle 
		  a carico della colonna vertebrale ma non sono risparmiati neanche 
		  quelle a carico degli arti. 
		  Quando queste localizzazioni colpiscono la colonna vertebrale possono 
		  provocare delle compressioni sul midollo nervoso provocando disturbi 
		  neurologici importanti sia a livello degli arti ( disturbi della 
		  motilità che possono giungere alla paralisi ) che a livello di vescica 
		  e intestino ( incontinenza urinaria ed intestinale). L’invasione delle 
		  cellule tumorali a livello del midollo osseo rosso può provocare 
		  disturbi dell’emopoiesi ( cioè della formazione e della maturazione 
		  delle cellule del sangue ) sin ad arrivare alla pancitopenia ( 
		  riduzione, cioè, di tutte le cellule del sangue ). Altri problema, 
		  dovuti alla presenza di metastasi che demolendo l’osso riversano nel 
		  sangue grandi quantità di calcio ) sono, la nausea, la perdita di 
		  appetito, l’astenia , sino al coma.
Diagnosi
L’insorgenza di sintomatologia che possa far sospettare la presenza 
		  di metastasi ossee e i controlli che devono essere eseguiti quando si 
		  ha in trattamento un tumore mettono in atto controlli diagnostici che 
		  si avvalgono di numerosi strumenti. Innanzitutto le “ comuni “ 
		  radiografie, la scintigrafia ossea che mette in evidenza le zone di 
		  rimaneggiamento osseo per mezzo di un tracciante radioattivo, La TAC 
		  molto utile per quantificare e studiare la grandezza delle metastasi e 
		  la possibile invasione dei tessuti adiacenti, La Risonanza magnetica 
		  che studia bene il midollo spinale, La PET che evidenzia molto bene, 
		  in aggiunta alle altre, le lesioni da mieloma multiplo .
		  Anche gli esami di laboratorio devono essere messi in campo per 
		  controllare i livelli di calcio e di fosfatasi alcalina ( di solito in 
		  aumento ) nel sangue, i livelli di N-telopeptide nelle urine.
		  Infine la biopsia ossea deve essere eseguita per tipizzare bene la 
		  metastasi per eseguire una terapia mirata.
Terapia
I pazienti affetti solo da metastasi ossee hanno una sopravvivenza 
		  più lunga rispetto a pazienti affetti da metastasi anche in altri 
		  organi . Col passare del tempo possono sopravvenire le complicanze 
		  scheletriche di cui abbiamo parlato prima ( compressioni midollari, 
		  fratture, dolori ) .
		  Il trattamento si prefigge di rallentare/arrestare la crescita delle 
		  cellule metastatiche con lo scopo di: lenire il dolore, evitare le 
		  complicanze scheletriche ottenendo così una miglioramento della 
		  funzionalità con contemporanea riduzione dell’invalidità del paziente 
		  e miglioramento del la qualità della vita.
		  Il tipo di trattamento da mettere in atto deve tenere conto di diversi 
		  parametri come il tipo di tumore primitivo, la sede delle metastasi, 
		  il numero di ossa colpite, le condizioni generali del paziente. 
		  Naturalmente vi è anche un trattamento per le eventuali fratture 
		  secondarie alle metastasi. Oggi ci possiamo avvalere di numerose armi 
		  per la lotta alle metastasi ossee.
		  I trattamenti sistemici validi in presenza di numerose metastasi a 
		  diversa localizzazione e che prevedono l’utilizzo della chemioterapia 
		  ( sia specifica per le metastasi ossee che più generale per metastasi 
		  in organi diversi ); della ormonoterapia ( particolarmente valida in 
		  caso di tumori che si sviluppano con lo stimolo ormonale) che blocca 
		  la produzioni degli ormoni responsabili dello sviluppo tumorale o 
		  blocca l’azione degli ormoni sulle cellule neoplastiche; 
		  l’immunoterapia ( che aiuta il sistema immunitario del paziente a 
		  lottare contro le cellule tumorali; i radio farmaci ( che con la loro 
		  componente radioattiva vanno a colpire le metastasi); i bifosfonati ( 
		  aiutano l’osso contro la distruzione da parte degli osteoclasti ); il 
		  denosumab ( anticorpo monoclonale che blocca, con un sistema diverso 
		  dai precedenti farmaci, l’azione degli osteoclasti rinforzando le ossa 
		  ).
		  I trattamenti locali si avvalgono di numerose metodiche. La 
		  Radioterapia che ha lo scopo di ridurre la grandezza della massa e di 
		  alleviare la sintomatologia dolorosa; l’ablazione che riesce a 
		  distruggere il tessuto tumorale con diversi mezzi come il caldo o il 
		  freddo; la chirurgia che deve intervenire o in caso di metastasi 
		  uniche o in caso di ossa particolarmente deboli o dopo una frattura; 
		  la vertebroplastica nel caso di tumori vertebrali, 
		  L’elettrochemioterapia che ha un suo spazio dove hanno fallito le 
		  altre terapie .
Elettrochemioterapia
L’elettrochemioterapia è il risultato della combinazione di due 
		  effetti: la somministrazione di dosi ridotte di farmaco e 
		  l’elettroporazione delle membrane cellulari.
		  L’elettroporazione delle membrane cellulari si ottiene con 
		  l’applicazione locale di brevi e intensi impulsi elettrici che 
		  permeabilizzano reversibilmente la membrana cellulare. Ciò agevola 
		  l’ingresso nella cellula tumorale del farmaco ( generalmente non 
		  permeante o scarsamente permeante ). In questa maniera viene 
		  potenziato l’effetto citotossico del farmaco stesso ma limitatamente 
		  ai tessuti esposti agli impulsi elettrici.
				Fig. 1
L’elettrochemioterapia non è una tecnica nuova e in fase 
		  sperimentale. Essa nasce da studi preclinici e clinici effettuati 
		  negli ultimi 20 anni con l’approvazione di due progetti europei : Il 
		  Clinoporator e l’Esope.
		  Il primo rivolto alla progettazione e costruzione di 
		  un’apparecchiatura specificatamente dedicata all’applicazione 
		  dell’elettrochemioterapia.
		  Il secondo è, come dice l’acronimo stesso, l’European Standard 
		  Operating Procedure for Electrochemotherapy
		  Questi studi sono stati condotti dall’Istituto Gustave-Roussy di 
		  Parigi, dal Cork Cancer Center in Irlanda, dall’Herlev Hospital di 
		  Copenaghen, dall’Istituto di Oncologia di Lubiana.
		  Le indicazioni cliniche elettive dell’elettrochemioterapia riguardo 
		  all’osso (esistono numerose indicazioni per altri tipi di tumore) 
		  sono:
		  ‐ Tumori dei tessuti molli difficilmente aggredibili con la chirurgia
		  ‐ Metastasi ossee sintomatiche dello scheletro appendicolare
		  ‐ Recidive in aree già in precedenza irradiate
		  I vantaggi sono numerosi e tra questi ne abbiamo sottolineato alcuni 
		  che ci sembrano importanti:
		  ‐ Durata della risposta locale in caso di risposta completa 
		  al trattamento
		  ‐ Capacità di lenire lesioni dolorose o sanguinanti
		  ‐ Efficacia nel preservare l’estetica del paziente e le sue 
		  interazioni sociali; la terapia non lascia cicatrici o altro segno 
		  evidente nella zona trattata
		  ‐ Efficacia nel preservare la funzionalità di un organo
		  ‐ Dosi ridotte di farmaco somministrate al paziente
		  ‐ Breve durata della sessione di trattamento
		  Il nostro Centro è dotato della più moderna macchina per 
		  elettroterapia prodotta.
		  Questa consente quindi anche il trattamento delle lesioni ossee prima 
		  non possibili.
		  Gli esprimenti nel ratto prima
				Fig. 2
				Fig. 3
e i trattamenti eseguiti su pazienti affetti da localizzazione ossee Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6
  
		  
				
				
				
hanno permesso già di ottenere dei risultati confortanti per il trattamento delle metastasi ossee.
           L’elettrochemioterapia viene praticata in ottantacinque Centri europei e in altri cinque Centri italiani.
		  Il Gruppo di studio SIOT (Società Italiana di Ortopedia e 
		  Traumatologia) sulle metastasi ossee a messo a punto delle linee guida 
		  per il trattamento delle metastasi ossee nello scheletro osseo degli 
		  arti.
		  Le linee guida partono da una attenta classificazione delle metastasi 
		  ossee che il Gruppo di Studio (del quale fa parte il Nostro Centro 
		  Oncologico, ha cosi distinte
		  Classe 1: Pazienti con metastasi scheletrica solitaria da tumore 
		  primitivo a buona prognosi (mammella, prostata, rene, tiroide) e con 
		  prolungato intervallo libero da malattia ( > 3 anni ) dal tumore 
		  primitivo alla metastasi
		  Classe 2: Pazienti con una frattura patologica nelle ossa lunghe 
		  principali (omero, radio, ulna, femore e tibia)
		  Classe 3: Pazienti con una lesione a rischio di frattura patologica 
		  nelle ossa lunghe principali:
		  a) Lesione litica della corticale ≥ 2,5 
		  cm;
		  b) Distruzione della corticale ≥ 50% del 
		  diametro
		  c) Dolore persistente o progressione 
		  della lesione dopo radioterapia e/o chemioterapia
		  Classe 4: 
		  1) Lesioni metastatiche osteoblastiche;
		  2) Lesioni osteolitiche o miste in ossa non 
		  sottoposte a carico (ulna distale, coste, perone, clavicola);
		  3) Lesioni non a rischio di frattura nelle 
		  principali ossa lunghe;
		  4) Lesioni per le quali l’unico intervento 
		  possibile sarebbe l’amputazione dell’arto;
		  5) Lesioni nell’ala iliaca, arco pelvico 
		  anteriore e scapola
		  (eccetto i pazienti inclusi nella classe 1)
		   
		  Da questa classificazione scaturiscono queste linee guida
		  I pazienti delle classi 1, 2 e 3 ( le meno numerose ) devono essere 
		  inviati in prima istanza al chirurgo ortopedico per il trattamento 
		  chirurgico ed in seguito all’oncologo medico e/o al radioterapista per 
		  le terapie adiuvanti.
		  I pazienti della classe 4 ( la più numerosa ) vanno trattati in prima 
		  istanza con terapie non chirurgiche ( chemioterapia, radioterapia, 
		  terapia ormonale, etc. ). Come primo trattamento si possono anche 
		  adottare tecniche mini invasive in collaborazione tra i vari 
		  specialisti ( Lesioni che mal rispondono a trattamenti chemioterapici 
		  o radioterapici, pazienti già sottoposti a numerose radioterapie, etc. 
		  )
		  In caso di fallimento meccanico ( frattura patologica o progressione 
		  di malattia con lesione a rischio di frattura ) o di dolore 
		  persistente dopo le terapie si passa a tecniche diverse ( mini 
		  invasive o chirurgiche open ).Il tutto si può riassumere in questo 
		  algoritmo che sintetizza le linee guida:
				Fig. 7
Il Gruppo di studio SIOT precisa che:
		  L’asportazione chirurgica di una lesione metastatica scheletrica 
		  solitaria può migliorare la sopravvivenza .Il trattamento delle 
		  metastasi ossee richiede un approccio multidisciplinare da parte 
		  dell’oncologo medico, del radioterapista e del chirurgo ortopedico, ma 
		  i ruoli dei diversi specialisti devono essere coordinati allo scopo di 
		  definire i tipi di terapia e la loro consecutio temporum per ottenere 
		  un potenziamento che ne migliori l’efficacia.
    
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Catania,
      specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l'Università di Bologna
      (Istituto Rizzoli) e specializzato in Fisiatria presso l'Università di Trieste.
 
       
    

