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Dr. Mario Nicolosi Specialista in Ortopedia e Traumatologia Specialista in Fisiatria



Rotture monotendinee - rotture massive

Moderni studi americani hanno dimostrato che il 90% delle riparazioni della cuffia in artroscopia falliscono e che la lesione recidiva.

Bisogna quindi selezionare attentamente il metodo di cura e scegliere per ogni paziente il trattamento più adatto: artroscopico o aperto con mini-incisione.

Bisogna anche considerare che

1) il metodo artroscopico necessita, anche per i chirurghi più abili, a 60-90 minuti di intervento e quindi di anestesia mentre il metodo con mini-incisione non supera i 30 minuti di intervento.

2) il metodo artroscopico costringere a lasciare nella spalla mezzi di sintesi ( viti, ancorette, etc.) che non servono nel metodo con la mini-incisione.

Nella bilancia vanno quindi valutati i pro e i contro di entrambi i metodi e scegliere quello più adatto per il singolo paziente ( nessun paziente è uguale a un altro).

L'indicazione al trattamento scaturisce sia da una attenta valutazione dei dati clinico-strumentali che da una oculata considerazione degli elementi anamnestico-sociali. Per i primi vanno valutati l'intensità del dolore, la positività dei test semeiologici, la forza muscolare (la manovra di Jobe ben eseguita può dare importanti indicazioni), le immagini strumentali. Va sempre considerata anche la degenerazione grassa muscolare che, se presente allo stadio 3-4 secondo la classificazione di Goutallier, potrebbe vanificare l'intervento.

Per i secondi vanno attentamente prese in considerazione le aspettative del paziente.

La ricostruzione va eseguita solo in soggetti giovani con ancora una attiva vita lavorativa. Nei soggetti anziani, con modeste richieste di ATTIVITÀ, è sufficiente un'acromionplastica dosata con un debridement artroscopico della lesione.

Il trattamento conservativo, che deve essere tentato nelle lesioni degenerative, non va messo in atto per quelle acute che vanno, invece, prontamente condotte sul tavolo operatorio. Il trascurare queste lesioni può portare rapidamente, in individui giovani e in età lavorativa, a situazioni di difficile o impossibile riparabilità.

Tecniche chirurgiche

Tutti i pazienti che lo desiderano possono eseguire un'anestesia periferica che permette di non avere dolore nell'immediato post-operatorio.

Tecnica chirurgica con mini-incisione

Il paziente è posto nella classica posizione beach chair. L'incisione è la stessa dell'acromionplastica che abbiamo descritto precedentemente. Asportata la borsa sottoacromiale, che appare spesso ispessita, si passa al bilancio delle lesioni quantificando il numero dei tendini interessati, l'estensione e l'eventuale presenza di patologie associate. Per eseguire queste valutazioni non è necessario ingrandire l'esposizione ma è sufficiente ruotare il braccio.

Il tendine del capo lungo del bicipite va sempre accuratamente esaminato (un tendine integro può essere sfruttato nella ricostruzione della cuffia per colmare una perdita di sostanza) e ogni sua patologia va trattata per non compromettere il risultato. Quando ci si trova di fronte ad una rottura totale, l'eventuale moncone prossimale rimasto va rimosso e quello distale va tenodesizzato.

Se il tendine bicipitale è sfrangiato o degenerato va regolarizzato.

Visualizzata la lesione bisogna valutare la consistenza e l'affidabilità della porzione rimanente del tendine. I margini avascolarizzati vanno recentati. Quando la rottura è ampia e il tendine retratto, va eseguita una mobilizzazione del tendine stesso per eseguire una sutura non in tensione e con l'arto correttamente atteggiato. Per poter ben mobilizzare la cuffia non bisogna afferrarla con una pinza, che potrebbe ulteriormente danneggiarla, ma con dei punti. Si deve quindi procedere per prima cosa alle aderenze prossimali che il tendine ha contratto con il deltoide, l'acromion, il ligamento coraco-acromiale e la coracoide. Se con questa prima manovra non si riesce ancora a raggiungere il risultato desiderato si passa alla sezione del ligamento coraco-omerale/intervallo dei rotatori. Per ottenere una ulteriore mobilizzazione del tendine si passa allora alla lisi delle aderenze che quest'ultimo ha contratto con il collo della glenoide eseguendo con il bisturi una incisione semicircolare appena sopra l'inserzione del capo lungo del bicipite. Bisogna prestare attenzione, nell'eseguire questa manovra a non ledere il nervo sovrascapolare. Altre tecniche possono essere eseguite per ottenere una copertura della testa omerale. Si può procedere alla sezione del sovraspinoso separandolo dai tendini confinanti come si possono usare porzioni del piccolo rotondo o del sottoscapolare per colmare perdite di sostanze.

Mobilizzato così il tendine si passa alla sua ricostruzione suturandolo, in corrispondenza del solco vicino alla grande tuberosità, per mezzo di una trincea ossea. Se il tendine non dovesse giungere in questa zona, eventualmente la testa omerale fosse priva di cartilagine, la trincea può essere ricavata più medialmente. Questa viene realizzata con un osteotomo e il suo bordo più mediale viene arrotondato con una piccola fresa per evitare di danneggiare la cuffia. La sutura può essere realizzata con mezzi di sintesi o con punti transossei. Uno studio del 1996 di Craft, Moseley e collaboratori ha mostrato come la sutura effettuata con viti o ancorette è equivalente, come tenuta e durata, a quella più tradizionale con punti transossei. Noi preferiamo quindi non lasciare mezzi di sintesi in situ e suturiamo con quest'ultima metodica il nostro tendine. Diversi metodi di sutura sono stati proposti. Gerber e collaboratori hanno studiato la tenuta dei diversi nodi dimostrando come il nodo di Mason Allen modificato offriva le maggiori garanzie di resistenza(8). Miller e collaboratori hanno studiato la solidità della grande tuberosità su cui noi praticheremo i fori per la sutura, scoprendo che questa aumenta a mano a mano che ci si allontana dall'apice del trochite. Questi Autori hanno anche messo in luce che la resistenza dell'osso aumenta con la distanza tra i fori che deve essere almeno di 10 mm. I fori transossei devono essere quindi praticati a circa 3 cm dall'apice del trochite e non devono essere troppo vicini l'uno all'altro. La distanza dall'apice del trochite evita che i nodi debbano poi scorrere sotto l'acromion. Noi, allo scopo di indebolire il meno possibile la struttura ossea, raramente adoperiamo il trapano ma ci serviamo di un grosso ago a grande raggio che ci permette, entrando dalla trincea, di fuoriuscire in posizione sufficientemente distale. Il filo adoperato è naturalmente del tipo non riassorbibile. Ultimata la ricostruzione va valutato nuovamente il grado dell'acromionplastica eseguita per assicurarsi di avere effettivamente annullato il conflitto. Dopo l'intervento, al paziente viene applicata una ferula che mantiene la spalla a 90° di abduzione per 15 gg. Dopo tale periodo, l'abduzione viene ridotta gradualmente sino a 45°-50°. Trascorsi 30 giorni dall'intervento la ferula viene rimossa. La kinesiterapia viene iniziata sin dai primi giorni post-operatori per ottenere un recupero quanto più rapido possibile.

Il paziente è posto nella posizione beach chair. Si introduce l'artroscopio posteriormente e si ispeziona la cavità articolare e lo spazio sottoacromiale. Con pazienza si procede ad una borsectomia quanto più accurata ed estesa possibile e quindi si passa a valutare la lesione della cuffia. I margini della lesione vanno recentati con strumenti motorizzati. Una volta evidenziati i margini si procede alla valutazione della motilità della cuffia afferrandola con la pinza da presa e trazionandola verso il trochite per valutarne la riparabilità.

Si infiggono quindi una o più viti sulle tuberosità. Con i fili che fuoriescono dalle viti si attraversa il tessuto della cuffia e lo si annoda appoggiandolo sull'osso. Il tendine del capo lungo del bicipite va ispezionato. Se presenta delle sfrangiature queste vanno regolarizzate. Siamo contrari alla sua sezione ( come da più parti proposta) solo per evitare un eventuale dolore nel postoperatorio.

I tempi sono quindi quasi identici a quelli del metodo open ( non stiamo quindi a ripeterci). Anche il trattamento post-operatorio è identico.