Dr. Mario Nicolosi Specialista in Ortopedia e Traumatologia Specialista in Fisiatria
Fratture della clavicola - Notizie storico-statistiche
Tutte le casistiche da noi controllate concordano nel gran numero di guarigioni avvenute con il trattamento conservativo che nel corso degli anni si è andato evolvendo ed è passato dagli apparecchi gessati ai più comodi ed efficaci bendaggi a 8. Ma tutte le casistiche riportano anche dei casi non guariti incruentemente per i quali si è dovuto ricorrere alla terapia chirurgica. Siamo andati ad analizzare le statistiche più significative, confrontandole anche con la nostra, per cercare un minimo comune denominatore che potesse aiutarci nella indicazione terapeutica.
Nella casistica di Robinson solo il 6 % di tutte le fratture di clavicola (laterali, mediali e mediane) hanno richiesto il trattamento chirurgico. Per quanto concerne le fratture mediali, tema di questo lavoro, la percentuale di fratture esitate in pseudoartrosi, è stata del 4,3%. Tutte queste fratture erano scomposte, a 2 o più frammenti, e l'incidenza era lievemente più alta nei traumi ad alta energia ( cadute dall'alto, incidenti della strada, traumi diretti) mentre ininfluenti si sono rivelati il sesso e l'età. La percentuale di pseudoartrosi era più del doppio (9,4%) nelle fratture a più frammenti rispetto a quelle a 2 frammenti ( 4,3%). Robinson quindi conclude che il fattore prognostico sfavorevole, nelle fratture del III medio di clavicola è la scomposizione della frattura.
Un'altra interessante casistica è quella di Wilkins e Johnston che hanno controllato 33 pazienti affetti da pseudoartrosi di clavicola cercando di individuare le cause, o almeno i fattori predisponenti, che avevano indotto la pseudoartrosi. Anche questi Autori hanno posto l'accento sulla scomposizione della frattura in quanto, nella loro casistica, il 68% delle pseudoartrosi aveva come quadro iniziale una frattura scomposta pluriframmentaria del III medio. Nel 23% di queste si trattava di pazienti affetti da politraumi (bacino, colonna, coste, ecc.)per cui, notevole importanza assume, nel determinismo della pseudoartrosi, la violenza del trauma. Gli Autori hanno posto anche l'attenzione sulla posizione dei frammenti: quando uno di questi si trova ampiamente scomposto e dislocato nel sottocute, essi sostengono che, parimenti a ciò che succede per una tibia, la scarsa vascolarizzazione influisce negativamente sul processo di consolidazione. In questa casistica vi sono anche il 25% di rifratture che spingono gli Autori a pensare come l'area affetta dalla frattura di clavicola, rimanga più fragile a un nuovo trauma, anche dopo lungo tempo.
Un'altra importante considerazione va fatta sulle
ripercussioni che la frattura può indurre nell'acromion-claveare.
Un interessante studio di Edelson su 300 acromion-claveari del
Museum of Natural History in Washington, su ulteriori 11
acromion-claveari del Museum of the Royal College of Surgeons of
Edinburg e su 20 pazienti affetti da frattura della clavicola ha
dimostrato come non vi siano problemi di dolore o di funzione a
livello di questa articolazione in seguito ad una frattura di
clavicola. Nei pochi pazienti infatti dove era insorta
un'artrosi a livello dell'acromion-claveare non vi era comunque
nessun tipo di disturbo. Anzi l'accorciamento della clavicola
otteneva lo stesso effetto di un intervento tipo Mumford o di
una resezione dell'estremo distale della clavicola.