Dr. Mario Nicolosi Specialista in Ortopedia e Traumatologia Specialista in Fisiatria
Calcificazioni *
Parliamo adesso di una patologia chirurgicamente dimenticata per molti anni ma tornata alla ribalta con l'avvento dell'artroscopia e che va presa in considerazione anche per la sua alta incidenza nella popolazione.
Bosworth esaminando 12122 spalle nel 1941 ha trovato una percentuale di depositi di calcio nel 2,7%. Welfling nel 1965 ha studiato 200 spalle asintomatiche trovando calcificazioni nel 7,5% dei casi, mentre esaminando 925 spalle dolorose trovò una percentuale di calcificazioni nel 6,8%. L'incidenza più alta la troviamo nella IV o nella V decade di vita (secondo Welfling 19% nella IV, secondo De Palma 36% nella V). Nella nostra casistica, composta di 277 spalle operate dal 1990 al 1995 di acromionplastica, le calcificazioni erano presenti 24 volte con una percentuale quindi dell'8,6%. Questi depositi di calcio si trovano in massima parte nel sovraspinoso, in misura minore nel sottospinoso e, in misura minima, nel piccolo rotondo.
Uhthoff, nel 1976, ha ben descritto l'evoluzione di queste calcificazioni distinguendola in tre fasi e suggerendo che un'attenta valutazione può aiutare nella pratica medica quotidiana. La prima fase è quella di formazione: le calcificazioni sono di consistenza gessosa, friabile, costituite da cristalli di idrossiapatite somiglianti più all'apatite dentale che a quella ossea. Vi sono pochi vasi sanguigni. Questa è la fase in cui Uhthoff consiglia di asportare le calcificazioni se le si dovessero incontrare nel corso di un intervento chirurgico.
La seconda fase, di riassorbimento, presenta aumento dei vasi sanguigni e proliferazione cellulare (fagociti e cellule giganti) che sono responsabili di un incremento della pressione intratendinea e di un cambiamento della consistenza dei depositi di calcio: questi diventano adesso più fluidi e sono meno radiopachi. E' questo il momento in cui si può osservare la comparsa di una importante sintomatologia dolorosa. Uhthoff precisa, nel suo lavoro, che non tutte le calcificazioni spariscono spontaneamente e che in questa fase l'intervento chirurgico diviene necessario. Nella III fase, di ricostituzione, si osservano apposizioni di collagene che portano alla riparazione del tendine(15).
Tenendo in considerazione queste teorie, Pastel, Goutallier e altri, nel 1991, hanno proposto una casistica costituita da casi in cui, eseguita l'acromionplastica, non venivano asportate le calcificazioni. Di contro, altri Autori, tra cui noi stessi, eseguono l'asportazione delle calcificazioni unitamente all'acromionplastica e alla sutura tendinea. Nella prima ipotesi troviamo un 22,5% di risultati eccellenti, un 29% di risultati molto buoni, un 35,5% di risultati buoni e un 13% di risultati non soddisfacenti.
Per la seconda ipotesi citiamo la casistica di Gazielly che riporta il 70,6% di risultati eccellenti, il 26,4% di risultati molto buoni e il 3% di cattivi e quella di De Palma che non riporta risultati cattivi.
I nostri risultati sono stati per il 66,7% (16 casi) eccellenti e per il 33,3% (8 casi) molto buoni.
*Quanto descritto sulle varie patologie della spalla è tratto
da Relazioni a Congressi o da Lavori pubblicati nei vari anni di
attività